Sono molto contenta di essere qui a parlare a una scuola Agraria ,è la prima volta che l’Associazione Donne in Campo viene invitata  a collaborare a un progetto come questo e per noi è motivo di grande soddisfazione.

Da anni ci interessiamo ormai di agricoltura ecocompatibile e nel marzo del 2009 avevamo organizzato un Convegno a Lodi per avvicinare il mondo dell’agricoltura convenzionale a quella integrata e alla biologica.

Spero che oggi ci siano non solo studenti ma anche rappresentanti dal mondo agricolo perché è difficile coinvolgere gli agricoltori convenzionali, spesso la formazione tecnica  è stata delegata ai rappresentanti e non c’è impegno da parte dell’Università e degli Istituti Tecnici per ripensare i modelli di sviluppo che hanno sempre quasi esclusivamente parlato di agricoltura convenzionale.

La storia della nostra azienda si è intrecciata in questi ultimi tre anni con quella di Gruppi di Economia Solidali come i GAS e insieme alla Finanza Etica un bel gruppo di aziende agricole ha creato il Distretto di Economia Solidale Rurale (DESR) del Parco Agricolo Sud Milano.

L’incontro con i cittadini che richiedevano prodotti del Parco da coltivazioni biologiche ha fatto riflettere alcuni di noi, promosso scambi di saperi e attivato percorsi che hanno portato alla conversione biologica di un bel gruppo di aziende, mettendo a disposizione farine, formaggi, frutta, verdura, carne, salumi e pane.

La conoscenza diretta e i rapporti createsi tra cittadini e agricoltori ha aumentato la conoscenza del territorio del Parco Sud e la consapevolezza della sua difesa e della sua conservazione.

E anche diventato chiaro a molti come la zootecnica costituisca una forma di presidio e di difesa del territorio.

Fu la scelta di mio marito di trasformarci in azienda agrituristica, ad innescare il primo cambiamento e a qualificare la nostra attività avviando dei contatti molti positivi con altre aziende.

Come spesso succede l’aprirsi a nuove idee e a contatti con l’esterno arricchisce enormemente il proprio bagaglio culturale e così mentre lui creava un Consorzio Agrituristico e incominciava una collaborazione nel Comitato Agricolo del Parco Sud, io decidevo di dedicare del tempo all’Associazione Donne in Campo e alla creazione di un Distretto Equo Solidale del Sud Milano (DES).

Mi capita frequentemente di essere chiamata a parlare della nostra scelta di conversione al biologico e ho imparato a presentarmi come contadina.

Mi sono orgogliosamente riappropriata del termine quando ho capito leggendo il libro di Van der Ploeg, “I nuovi contadini”, perché non mi era mai piaciuto il termine “Imprenditrice agricola”.

In un mondo in cui la logica del profitto ha modificato i modi di produrre e inaridito i comportamenti umani l’economia solidale diventa sempre più una  proposta coinvolgente  e un modello da seguire.

Semplificando al massimo proviamo a capire qual è logica in cui lavora il contadino e quella dell’imprenditore, e a immaginarci come si potrebbe aiutare e sostenere un’azienda in difficoltà e a comprendere il significato sociale che ha assunto il modo di operare dei Gruppi di Acquisto.

La logica del contadino:

autofornitura:                     finalità:                buoni guadagni:
passione, artigianalità > buoni raccolti > conoscenza, una bella e libera azienda

La logica degli imprenditori:
(stabilire un) Margine per (economia) Scala > Guadagno

In Italia  da anni ormai non esiste una programmazione agricola.
La legge del libero mercato ha dato il via al “liberi tutti” e nonostante la base produttiva fosse basata sulla piccola azienda contadina, attenta alla natura e ai metodi di coltivazione e allevamento, integrati con il buon senso del condurre l’ azienda in modo produtivo e non produttivistico, l’attenzione, gli investimenti, le risorse si sono concentrate sulla figura dell’imprenditore agricolo.
Senza questa qualifica chi vuole lavorare la terra non è nessuno.

Poiché la natura (Van der Ploeg insegna) è troppo capricciosa ed esclude la standardizzazione del processo lavorativo, diventa un limite o rallenta la produttività.

Pertanto la presenza della natura all’interno della produzione agricola è ridotta e ciò che rimane viene ricostruito attraverso un processo di artificializzazione.

I concimi naturali sono sostituiti dai fertilizzanti artificiali; erba, fieno e foraggi freschi da concentrati industriali; la cura degli animali dall’uso della medicina preventiva; il suolo fertile da substrati artificiali; l’estirpazione delle infestanti dagli erbicidi. Queste sono affermazioni coraggiose che potranno destare scalpore. Naturalmente le verità si situano sempre a metà tra un’idea e l’altra, certo è che:

– Anche in agricoltura il profitto è diventato il termine di paragone per cui una azienda può sopravvivere o chiudere.

– Centinaia di stalle hanno chiuso ma per la programmazione economica del nostro paese è stato quasi un sollievo, si sarebbero ingrandite le aziende che, una visione ristretta e unilaterale ,ha deciso fossero le più competitive, le più adatte a produrre per l’industria e le grosse multinazionali.

– La scommessa per noi è stata quella di provare a produrre quindi in un modo più ecocompatibile, diversificando con la produzione di formaggi che i gruppi di acquisto si sono impegnati a comprare, sostenere l’attività di un piccolo caseificio che aveva ridotto la sua attività, legare strettamente l’allevamento alla produzione della campagna, dedicando una particolare attenzione alla fertilità del suolo e alle rotazioni colturali.

Ho ripreso a studiare, a percorrere le campagne, a non vedere più le infestanti come antagoniste delle mie colture, inserendo la pratica delle consociazioni.

Per chi ha un’azienda zootecnica forse è più facile essere bio perché con l’insilamento si riesce a prevenire la dispersione dei semi delle infestanti e riportare alla terra i fertilizzanti e la materia organica.

Ho letto con attenzione il Testamento di Sir Albert Howard che affermava nel 1940 che la fertilità del suolo è il primo dei requisiti di ogni sistema agricolo permanente.

“Nei processi di produzione delle messi si perde costantemente fertilità e bisogna ripristinarla”.

1° metodo.
Metodo della Natura:

Il bosco e la foresta si concimano da sé, producendo il proprio humus e arricchendo gli strati superficiali, quando si tagliano alberi e si destina all’agricoltura terra vergine si possono avere buoni raccolti anche per dieci anni.

2° metodo.
Le pratiche dell’Oriente :

Un insegnamento valido ancora oggi è che le piante prosperano di più quando sono associate in combinazioni diverse ed idonee.
In generale la mescolanza dà risultati migliori della monocoltura.

Esempi:
– grano e avena
– grano e fagioli
– veccia e segale
– trifoglio e loietto

La coltivazione e rotazione delle colture è una delle pratiche più antiche, scegliendo buone consociazioni e rivoltando poco la terra si conserva la riserva di azoto presente negli strati superficiali del terreno sotto forma di materia organica.
La coltivazione esasperata con l’aratura profonda ossida la riserva di azoto e distrugge l’equilibrio della terra .

3° metodo.
Metodo agricolo dell’Occidente:

– estensione delle proprietà
– estensione delle monocolture
– estensione della meccanizzazione
– estensione dell’uso dei concimi chimici
– estensione della mentalità N P K
– estensione dell’industria conserviera

Importanza dell’Humus nell’agricoltura biologica e naturale:

In una terra ricca di humus e di ossigeno la pianta può trarre nutrimento dalle radici, ma se il suolo è povero si riduce il volume dello spazio poroso, l’areazione del terreno è ostacolata, la materia organica per la poolazione microbica del terreno è insufficiente, il meccanismo del suolo si inceppa, la sintesi di carboidrati e proteine nella foglia verde procede a ritmo inferiore e la crescita ne risente.
L’humus conferisce anche la resistenza alle malattie provocate da insetti e funghi.

La cosa più semplice che è stata fatta nell’agricoltura moderna per restituire fertilità ai terreni è usare i concimi artificiali, ma il risultato è stato quello di rompere l’equilibrio fra agricoltura e natura.

La facilità con cui si possono coltivare raccolti con i prodotti chimici ha reso molto più difficile un uso dei corretti dei rifiuti. Qual è il surrogato più economico dell’humus? Sono i rifiuti urbani.
Con una corretta produzione di compost si potrebbe ridurre la quantità di rifiuti e restituirla alla terra .

Ad  Albairate è attivo un centro di compostaggio che distribuisce gratuitamente il compost prodotto da venti Comuni del Consorzio dei Navigli agli agricoltori della zona.

Nella nostra azienda abbiamo perciò avviato un programma di rotazioni che ci permettesse di coltivare varietà in consociazione per ridurre la coltivazione del mais e aumentare la quantità della proteina dai foraggi.

Abbiamo seminato in autunno loietto consociato al trifoglio incarnato e al pratense sui terreni che non abbiamo arato ma tenuto a fieno, pisello consociato al triticale e quest’anno anche al frumento e medica in purezza.

Le rese produttive sono state molto buone, la qualità dell’insilato anche, l’inerbimento praticamente assente.

Maggiori difficoltà abbiamo riscontrato nella coltivazione del mais, ma abbiamo capito che buoni risultati si possono ottenere con la falsa semina e senza procedere all’aratura nei secondi raccolti; l’importante è mettere in atto la rotazione giusta e aspettare che la terra ritrovi un suo equilibrio naturale.

Nel primo anno di conversione abbiamo risentito della minor produzione dei foraggi, ma nel secondo già siamo migliorati e possiamo affrontare l’inverno con delle buone scorte.

La mandria ha perso circa quattro litri di latte a capo che in parte pensiamo di recuperare, ma soprattutto ha acquistato in salute, più che dimezzata la spesa dei prodotti farmaceutici, abbiamo evidenziato pochissimi problemi nel post-parto e mantenuto una buona fertilità.

Le vacche hanno avuto pochissimi problemi ai parti e forse anche perché ho cercato di usare tori con facilità di parto anche sulle vacche, in poche hanno richiesto assistenza; questo è per me un dato estremamente positivo perché il parto è comunque uno stress e non un evento da segnare su un tabulato che stampa solo indici di rendimento e di redditività.

Quello che è certo… per me la vacca non è più una macchina per fare latte come avevo imparato negli anni di studio alla facoltà di Agraria.

Un problema che rimane aperto nell’agricoltura biologica è quello del reperimento delle sementi, dell’uso e dello scambio, tema che cercherò di affrontare prossimamente con la Rete dei Semi Rurali.